L’ITALIA E' ALLA CANNA DEL GAS – IL 69% DI TUTTI GLI AIUTI DI STATO AUTORIZZATI NELL’UNIONE EUROPEA SONO STATI VARATI DA GERMANIA E FRANCIA. BERLINO HA STANZIATO 360 MILIARDI, PARIGI 172. E L’ITALIA? MENO DI 59. ECCO IL RISULTATO DI AVERE I CONTI PUBBLICI ZAVORRATI DA UN DEBITO PUBBLICO MOSTRUOSO – LA MANCANZA DI VISIONE E LE POLITICHE LASCHE DI BRUXELLES, MA SOLO QUANDO C’È DI MEZZO IL “MOTORE FRANCO-TEDESCO”

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Estratto dell’articolo di Nicola Borzi per “il Fatto quotidiano”

 

MACRON SCHOLZ MACRON SCHOLZ

[…] molti osservatori temono che le mosse tedesche e francesi facciano saltare uno dei cardini dell’Unione: la parità competitiva tra le imprese dei 27 Paesi. Le preoccupazioni sono rinfocolate dalle ultime notizie.

 

Nelle scorse settimane il governo di Berlino ha ottenuto l’autorizzazione Ue a fornire aiuti di Stato per 902 milioni al produttore svedese Northvolt per impiantare sul proprio territorio una gigafactory di batterie per veicoli elettrici con capacità annua per 800mila veicoli. Senza questo aiuto, Northvolt avrebbe realizzato lo stabilimento negli Usa sfruttando il sostegno dell’Inflation Reduction Act, il piano di Washington per la transizione verde.

 

EUROPA E AIUTI DI STATO - IL BUDGET DEI VARI PAESI EUROPA E AIUTI DI STATO - IL BUDGET DEI VARI PAESI

La Germania è stata il primo Paese dell’Unione a utilizzare il nuovo sistema di “matching” dei sussidi della Commissione europea che consente ai Paesi Ue di contrastare i sussidi erogati da Stati esteri con propri aiuti.

 

Poi è arrivata la Francia che ha ottenuto il via libera – sempre nell’ambito del quadro temporaneo Ue sugli aiuti di Stato – a un sostegno da 2,9 miliardi per le imprese nazionali che producono batterie, pannelli solari, turbine eoliche e pompe di calore e relativi componenti chiave.

 

Programmi simili erano stati già autorizzati da Bruxelles sotto forma di crediti fiscali in Austria, Belgio, Ungheria, Italia, Slovacchia e Spagna, ma per valori molto inferiori, con scadenza al 31 dicembre 2025 nell’ambito dell’attuazione del piano RePowerEu e del Green Deal.

GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN A FORLI GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN A FORLI

 

Le iniziative tedesche e francesi […] hanno messo in allarme i Paesi europei più in difficoltà sul fronte della finanza pubblica, che dispongono di minori risorse di bilancio per stanziare aiuti pubblici e dunque temono di subire il dumping di Berlino e Parigi nei confronti delle proprie imprese, specialmente sugli incentivi per tagliare i costi dell’energia alle industrie.

 

I timori paiono fondati: secondo funzionari dell’unione Europea, alla fine dell’anno scorso nell’ambito del quadro temporaneo di crisi e di transizione energetica Bruxelles aveva autorizzato aiuti di Stato per un totale superiore a 760 miliardi di euro.

 

GIORGIA MELONI OLAF SCHOLZ E EMMANUEL MACRON ALL'HOTEL AMIGO DI BRUXELLES GIORGIA MELONI OLAF SCHOLZ E EMMANUEL MACRON ALL'HOTEL AMIGO DI BRUXELLES

La Germania aveva fatto la parte del leone, con incentivi notificati per poco meno di 360 miliardi, il 47,2% di tutti quelli autorizzati nella Ue. Alle sue spalle c’era la Francia con il 22,6% del totale dell’unione, pari a quasi 172 miliardi, mentre in terza posizione l’italia aveva speso solo il 7,7% della somma approvata da Bruxelles, pari a meno di 59 miliardi. Roma aveva messo dunque sul piatto un terzo delle erogazioni stanziate da Parigi e un sesto di quelle di Berlino.

 

[…]  non tutti gli economisti ritengono che i sostegni pubblici siano misure nocive. “Gli aiuti di Stato, se ben concepiti, sono una parte fondamentale delle politiche industriali. In Europa c’è stata per decenni una sorta di furia mercatista per cui a livello ideologico qualsiasi intervento dello Stato nel mercato sarebbe stato distorsivo della concorrenza.

 

EMMANUEL MACRON OLAF SCHOLZ EMMANUEL MACRON OLAF SCHOLZ

Questa è una sciocchezza: senza aiuti di Stato, solo per citare un caso, la Ue non avrebbe il gigante aerospaziale Airbus. Dunque in realtà servirebbero più aiuti di Stato”, spiega Giovanni Dosi, professore di Economia alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. “Ma la questione sul lato della simmetria di applicazione”, continua Dosi, “è che in ambito Ue se gli aiuti di Stato sono erogati da Francia e Germania vanno bene, se invece li erogano altri Paesi no.

 

Le regole comunitarie, molto feroci sulla concorrenza, se riguardano Francia e Germania sono molto più lasche. Ad esempio, quando l’italiana Fincantieri avanzò una proposta per acquistare i Cantieri dell’Atlantico francesi, Parigi e Berlino presentarono ricorso per violazione delle regole sulla concorrenza”.

 

giorgia meloni giorgia meloni

“L’altro lato della storia”, sottolinea però Dosi, “è che ormai l’Italia non chiede nemmeno di intervenire con propri aiuti di Stato, perché da mezzo secolo non ha più una propria politica industriale. A Roma vale la linea di ‘pubblicizzare le perdite e privatizzare i profitti’, come dimostrano molte vicende tra le quali Mps, Alitalia e Ilva che ne sono lo scandaloso paradigma.

 

Da noi lo Stato interviene all’ultimo minuto, ad esempio per l’acciaieria di Taranto, solo per non chiudere dopo che i privati di ArcelorMittal hanno ottenuto fondi pubblici con lo scopo nemmeno tanto nascosto di eliminare un concorrente. Il governo italiano dice che adesso risanerà l’azienda, ma non appena questa farà utili la rimetterà subito nelle mani dei privati. Una strategia masochista”, continua il docente universitario, “perché non solo subisce gli aiuti di Stato di Parigi e Berlino ma non fa alcuna politica industriale.

 

situazione ex ilva - arcelor mittal e invitalia - la stampa situazione ex ilva - arcelor mittal e invitalia - la stampa

Un altro caso è quello di Stellantis che ha preso miliardi di prestiti del governo italiano senza che Palazzo Chigi chiedesse in cambio di entrarne tra gli azionisti, in maniera paritaria con i francesi. L’Italia è il peggio dei due mondi, nel quale gli interventi anche minori italiani sono sotto lo scrutinio ferreo dell’Unione Europea e allo stesso tempo non fa politica industriale se non risanamenti pagati dal pubblico e poi trasferiti ai privati”, conclude Dosi. […]

emmanuel macron olaf scholz emmanuel macron olaf scholz MACRON E SCHOLZ MACRON E SCHOLZ

 

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