OGGI MI ''LEGGO'' UNA STRONCATURA - SUL FREE-PRESS FA SFRACELLI IL ''CAVALIERE NERO'', MISTERIOSO RECENSORE DEI MIGLIORI (O PRESUNTI TALI) RISTORANTI DI ROMA E MILANO. L'ULTIMO È ''VOCE'', APPENA APERTO IN PIAZZA DELLA SCALA: ''MOLTO BELLO, SERVIZIO CONFUSO E DISORDINATO'' - IL ''NOBU ARMANI'' DOPO LA BOCCIATURA HA PERSO LA STELLA MICHELIN - E PER ''ZUMA'' IL MENU NON VALE LA LOCATION…

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Da www.leggo.it 

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  1. VÒCE, IL RISTORANTE NEL MUSEO DI PIAZZA SCALA A MILANO È BELLO. MA IL SERVIZIO NO

5 dicembre 2018

 

Caffetteria. Libreria. Ristorante. In una galleria d’arte. Troppo? Stando all’esordio parrebbe di sì. Per carità da Vòce, in piazza della Scala, è tutto molto bello. Partendo dall’idea di creare uno spazio cucina in un museo. Banconi, sale e arredi disegnati con gusto da fare invidia ai più grandi ristoranti newyorkesi. La cucina è firmata dallo stellato Aimo e Nadia. Quello che però lascia a desiderare è il servizio.

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Personale distratto, confuso e disordinato: chi si scorda la comanda e chi si lascia desiderare per prendere una banale ordinazione. L’offerta al bancone di pizze e tramezzini è mediocre. Al contrario dei prezzi che invece sono stelle. Sarà che ha aperto da una settimana, sarà che è forse pensato tutto troppo in grande in tempi brevi. Ma il cliente cosa c’entra? Se non si vuole flop urge aggiustare il tiro.

 

 

  1. ZUMA ROME, QUANDO PIÙ CHE IL MENU PAGHI L’ESSERE À LA PAGE

27 giugno 2018

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Panorama a tutto giro. Spettacolare. Punto di ritrovo di vip e mondanità romana, e non solo, per una cucina che ricalca quella di un ristorante “izakaya”. Il giapponese qui c’è, ma non del tutto. Il problema sta nel servizio, approssimativo e poco adatto all’eleganza, e nella qualità dei piatti. Il menu si presenta bene.

 

Tartare di wagyu con tartufo, Ricciola, chilli, peperoni sansho, avocado, wasabi, Granchio, avocado, uova di pesce volante, o la Costata di manzo con salsa wafu e aglio croccante, Pollo marinato al miso, arrostito al forno su legno di cedro. I cocktail Shiso and juniper o Raspberry & passion fruit martini. La varietà non manca. Ma i prodotti non reggono la location. Tanto più che i prezzi sono alti a livello di stellati. Forse converrebbe tornare con i piedi per terra.

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  1. LA BUVETTE DI ROMA, PREZZI DA CHEF STELLATO...MA SENZA LE STELLE

19 settembre 2018

 

Lo scontrino da Cracco una follia? Forse non siete mai passati a La Buvette in via Vittoria a Roma. Il piccolo locale che ricorda le antiche stazioni ferroviarie francesi dei primi del ‘900 dietro via Del Babuino e a due passi da piazza di Spagna, sa il fatto suo. Eccome.. Qualcuno, infatti, potrebbe scambiare questo localino come posto informale e ristoro anche per le tasche.

 

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Un caffè alla modica cifra di 3,5 euro e un cappuccino a 5 euro, proprio come da Carlo Cracco in Galleria Vittorio Emanuele a Milano. Per non parlare della Coca Cola in bottiglietta che costa 5 euro. E così, tè, tramezzini, dolci e aperitivi, pagati a peso d’oro. E prima di entrare, siate consapevoli che pagherete più di uno stellato senza avere un servizio minimamente paragonabile. Forse chi gestisce la Buvette dovrebbe pensarci. Sicuramente gli avventori prima di entrare.

 

 

  1. NOBU MILAN, QUANDO IL GLAMOUR CON GLI OCCHI A MANDORLA NON CONVINCE

30 maggio 2018

 

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Luci soffuse color arancio, eleganza e stile tra il nipponico e la moda italiana. La location è glamour - siamo nel regno Armani, al Nobu Milan - ma i piatti non lo sono altrettanto. La qualità della sua cucina fusion stride prepotentemente con le pareti che la avvolgono. Sushi e sashimi nella norma, e i piatti di punta, l’Astice in salsa al pepe con wasabi, il Merluzzo nero al miso, o Wagyu beef, non soddisfano troppo. A questo si aggiunge il servizio non all’altezza del posto e il prezzo decisamente alto per come si mangia. Stesso vale per il menu degustazione. Il resident Chef Antonio d’Angelo è bravo, ma potrebbe fare di più. Il risultato è che questo ristorante internazionale è decisamente sotto le aspettative.

 

  1. MILANO, TANO PASSAMI L'OLIO: QUANDO MANCA UN INGREDIENTE, L'UMILTÀ

17 ottobre 2018

 

Non è come ci si aspetta un locale stellato e con una storia. Eppure, lo chef patron Tano Simonato, è uno conosciuto e con esperienza. Esperienza che spesso aiuta non solo i piatti ma anche i clienti e le loro eventuali critiche. Materie prime non sempre al top, la preparazione non proprio a regola d’arte, il servizio spesso approssimativo. Così il prezzo lascia perplessi. Il Riso carnaroli cotto in brodo vegetale e latte miele e tartufo o la Sella di cervo “laccata” nel suo fondo, miele e crema di zenzero con millefoglie di melanzana e carota e spuma di ginger beer”, non esaltano.

 

Per non parlare dei dolci, che siano il “Cestino di patata caramellata, crema pasticciera, pistacchio sabbiato e crumble di frutti di bosco” o “il Cannoli di mandorla ripieni di mousse di ricotta”. Forse a questo posto manca l’umiltà. Che quando c’è, premia. Ma che quando manca, si vede e si sente. Eccome.

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